L’Aquila, era una serata di giugno ed ero insieme a un gruppo di amici di giuria del “Food & Rosé selection “ organizzato dal Concorso Mondiale di Bruxelles. Dopo aver vagato per un po’ alla ricerca del locale giusto per cenare, ma era un sabato sera, si era fatto tardi e in centro la voglia di vivere e di stare per strada era tanta, e trovare un posto era difficile.
A un certo punto arrivò, provvidenziale, la soffiata di Antonio Paolini, che dell’Abruzzo (e non solo) conosce ogni angolo, e ci avviammo – fortunatamente un po’ decentrati – verso quella che speravamo essere la nostra destinazione mangereccia finale.
Arrivammo a “La Fenice”. Una enoteca un po’ defilata rispetto al casino del centro.
Pochi tavoli fuori, sgabelli alti, ma in una serata è mite era esattamente quello che stavamo cercando.
Il problema naque quando cominciammo ad avvicinarci alle vetrine del locale. Vetrine che lasciavano intravedere ogni ben di Dio si possa immaginare parlando di vino. Affondando lo sguardo, vedemmo ancora “altro” e – ma guarda un po’ – la fame che ci aveva portati fin qui venne sovrastata dalla curiosità e dalla voglia di entrare in questo santuario del vino gestito da Maurizio Del Duca.
Maurizio. Un matto? Un passionale? Un amante del vino? Oppure tutto insieme.
Quello che ho visto qui dentro, almeno io, non l’ho visto altrove. Così come non ho visto mai tutta la passione che inizia a trasudare dai racconti di Maurizio. Passione che passa inevitabilmente per il giro di boa imposto dal terremoto, da un momento storico capace di azzerare le vite di queste terre. Vite azzerate non solo per le cose perse ma anche per gli entusiasmi, le passioni, le prospettive.
Ma sono abruzzesi, e si sa che sono che da queste parti hanno la scorza dura.
I racconti continuarono tra storie di 10.000 bottiglie andate buttate (e non stiamo parlando di robetta) alla visita della stanza delle meraviglie, un posto nel quale spiccava una magnum di Chateau d’Yqem protagonista di una storia (che troverete nel video) tale da meritarsi il bollino di “Earthquake Resistant”.
Eravamo venuti per mangiare, ma il cibo è passato in secondo piano. Il vino ha preso il sopravvento. Le storie ci hanno appassionato. Ogni angolo de La Fenice racconta qualcosa, anche quello nel quale c’è una collezione incredibile di impianti hi-fi vintage nel quale le valvole la fanno da padrone.
Si ok, alla fine di prendemmo un tagliere di salumi, ma quei salumi (strepitosi) potevano per noi avere qualunque sapore.
Concludo con una affermazione. Se passate da queste parti e non fate un salto a La Fenice, stuzzicando Maurizio a raccontarvi un qualunque momento della sua storia, siete degli scemi, perché non sapete cosa vi perdete. Io personalmente mi sono ripromesso di tornare, portandoci mia moglie mio figlio. Federico sta iniziando il suo percorso nel vino, e voglio, anzi pretendo che nelle sue esperienze acquisite ci sia anche un po’ della tenacia, della perseveranza e della passione che ho visto in Maurizio.
La Fenice
Via Zara, 18, 67100 L’Aquila AQ