Quando arriviamo, Luca lo troviamo con “le mani in pasta”, vale a dire in cantina, in divisa da lavoro e alle prese con la sua uva. Luca è un vero vignaiolo indipendente, uno di quelli che vive la sua produzione dall’inizio alla fine, e lo fa secondo la sua filosofia, senza cedere ad alcun tipo di tentazione.
Sarà per questo che la nostra visita parte dalle sue vigne e dalla fierezza che Luca ostenta nell’accompagnarci tra i suoi alberelli pugliesi.
Dal modo di fare di Luca trapela rispetto e voglia. Rispetto per le tradizioni, per la cura della sua terra, dei suoi alberelli. Ma anche voglia di continuare, nonostante alcune scelte difficili che lo portano a lavorare la terra in modo faticoso, con poca resa e con costi elevati.
Abbiamo iniziato staccando un acino da uno degli alberelli. Pieno, succoso, dolce. Un inevitabile preludio a quello che poi inevitabilmente troveremo nel bicchiere. E nel bicchiere, poco dopo, rientrati in cantina, abbiamo la conferma.
Abbiamo spaziato, alle quattro di un torrido pomeriggio salentino, dai 16 ai 17 gradi di tre vini a dir poco ipnotici, capaci di richiamarti più e più volte con la loro succosità, l’intensità dei profumi e una bocca a dir poco intensa. Tre vini bevuti senza troppi fronzoli, su un tavolo di metallo e in piedi, ma tre vini capaci di richiamare l’attenzione vuoi per la versione “diretta” del Dodecapolis che per quella affinata in barrique del Librante. Interessante il “non passito” (passatemi a definizione) del Fioremio nel quale abbiamo ritrovato in tutto e per tutto la dolcezza e la maturità dell’acino assaggiato in vigna.
Andiamo via portando con noi quattro cose. Lo spettacolo degli alberelli, il sapore dell’acino mangiato in vigna, il rapporto tra eleganza e potenza dei vini bevuti e la tenacia di un vero vignaiolo indipendente: Luca Attanasio.